mercoledì 12 settembre 2012

Indie cosmiche

Nel 1995 si è verificata la primavera astronomica. In quell'anno si è scoperto il primo pianeta extrasolare, ancor prima della messa in orbita dei telescopi spaziali. Oggi, grazie ai numerosi successi, puntiamo a scoprire quelli che si possono definire i Nuovi Mondi moderni, ossia i gemelli della Terra.

Un 'pianeta giardino' proveniente dalla galassia di Mass Effect
Dal 1995 sono stati scoperti 763 pianeti e ben 2321 potenziali nuovi mondi individuati da Kepler grazie ai meccanismi di osservazione indiretta. Alcuni di questi, tramite l'analisi, non verranno confermati esopianeti. Alla fine del febbraio scorso, i pianeti delle dimensioni simili alla Terra erano 246. Un numero già di per sé significativo, anche perché in almeno un caso – Kepler 22 – sappiamo che c’è un pianeta di tipo terrestre nella zona abitabile intorno alla sua stella, che potrebbe ospitare acqua allo stato liquido in superficie. L'oro blu è considerato un elemento basilare per la vita.
Kepler 22 potrebbe essere il nostro gemello. Gli scienziati ci rivelano una notizia che lascia ottimi auspici: secondo loro tra il 2 e il 10% dei pianeti della galassia potrebbero essere simili alla Terra. Incredibile vero? Fino a poco tempo fa chi se ne usciva con quest'affermazione veniva etichettato come pazzo e gli si consigliava di guardare meno film di fantascienza.

Kepler e Spitzer continueranno a regalarci preziose novità almeno fino al 2016, dopo l’ultima estensione della missione finanziata dal Congresso americano. Per il 2018, salvo increscioni ritardi, avverrà il lancio del colossale James Webb Telescope. Esso sostituirà Hubble e costerà 10 miliardi di dollari, sarà in grado di osservare direttamente molti degli esopianeti scoperti. Pensato per una vastissima serie di compiti astronomici, il suo compito sarà regalarci immagini ad una risoluzione mai vista in precedenza, rivoluzionando la nostra conoscenza dell'universo. Grazie agli enormi passi avanti fatti negli ultimi anni, il James Webb potrà tra le altre cose fotografare esopianeti di grandi dimensioni, di tipo gioviano, quindi non terrestri. Si tratta di un risultato da non sottovalutare.

Perchè il J.W. Telescope è unico?
Esso possiede lenti al berillio testate per lavorare a -248 gradi Celsius per catturare la luce ad infrarossi proveniente dallo spazio.
Il telescopio Webb ha, come specchio primario, 18 specchi esagonali, da 1,32 metri di diametro l'uno.

I test criogenici indicano come ogni specchio cambia forma ad una determinata temperatura e su una gamma di temperature di funzionamento quali quelle siderali che si incontrano nello spazio. Questo aiuta a prevedere la qualità della lettura del telescopio alle immagini che hanno sorgenti a raggi infrarossi. Gli specchi devono rimanere il più freddo possibile per permettere agli scienziati di osservare la luce infrarossa che riflettono usando un telescopio e gli strumenti ottimizzati per rilevare questa luce. Oggetti caldi emettono luce a infrarossi, o calore.
Se lo specchio del telescopio Webb è troppo caldo, la debole luce ad infrarossi proveniente dalle galassie distanti può essere persa nella luce infrarossa dello specchio stesso.
Così, la superficie riflettente del telescopio di Webb necessita di operare in un profondo stato di freddo o "criogenicizzati".

Ogni specchio viene testato due volte per assicurare che lo specchio manterrà la sua forma in un contesto di utilizzo spaziale, una volta che alla nuda superficie di berillio lucido verrà applicato un sottile rivestimento d'oro, per far sì che esso rifletta al meglio la luce infrarossa che il telescopio cerca. Per permettere agli specchi di riflettere al meglio questo tipo di luce, per esempio da galassie lontane, è necessario un rivestimento d'oro molto sottile: scelta ideale perché riflette la luce infrarossa in maniera ottimale, soprattutto rispetto alla riflessività del berillio nudo.
La cosa sorprendente è che la tecnologia del rivestimento Quantum Coating, Inc richiede solo una piccola quantità dell'elemento dal giallo inconfodibile per ricoprire l'intero specchio.
"Lo spessore del rivestimento in oro dello specchio è di soli 100 nanometri di spessore, o un decimo di micron, che è 1/10, 000e di un millimetro" dice Paul Geithner, vice manager del progetto " un capello umano è circa 1000 volte più spesso"
Gli scienziati e gli ingegneri del telescopio hanno determinato che uno specchio principale di 6.5 metri è ciò che è necessario per misurare la luce di piccole sorgenti astronomiche.

La missione più accattivante del JWT è, a mio avviso, FINESSE (Far Infrared Exoplanet Spectroscopy Survey Explorer) che utilizzerà l’infrarosso per studiare le atmosfere di 200 esopianeti, tra cui alcuni promettenti siti che potrebbero ospitare la vita. Sarà possibile così scoprire nel dettaglio la loro composizione chimica e le temperature medie, ma soprattutto individuare tracce di biomarker, “impronte” lasciate da forme di vita extraterrestri. FINESSE potrebbe essere molto probabilmente affiancato, a partire dal 2022, da EChO (Exoplanet Characterization Observatry), un osservatorio spaziale dell’ESA che si concentrerà sulle super-Terre, pianeti di tipo roccioso più grandi del nostro ma comunque potenzialmente abitabili.

In un articolo di Scientific American si parla di come gli astrobiologi stiano modellizzando biomarker chimici che potrebbero essere utilizzati per rilevare indicatori di vita su Nuovi Mondi. Anche se i ricercatori stanno guadagnando sempre più una profonda comprensione delle bio-firme che possono essere presenti nelle atmosfere aliene, si ritrovano con le mani legate (oltre che le menti). Una missione proposta della NASA chiamata Terrestrial Planet Finder (TPF), progettata per la ricerca di questi composti nei pianeti orbitanti attorno a stelle vicine, ha perso i suoi finanziamenti nel 2007 per l'aumento dei costi del James Webb Space Telescope.

Il TPF potrebbe bloccare il bagliore accecante dalle stelle vicine, simile al nostro sole, al fine di  tracciare ritratti dei pianeti orbitanti. In uno schema unico, un singolo telescopio di grandi dimensioni dotato di una maschera, o coronografo, escluderebbe la luce delle stelle e mostrerebbe i pianeti come appaiono nella luce riflessa visibile. In un'altra strategia, diversi telescopi connessi e volanti, agirebbero all'unisono per azzerare la luce infrarossa di una stella madre e registrare il calore irradiato dai pianeti orbitanti. La luce raccolta dal TPF verrà separata nelle sue lunghezze d'onda componenti e potrà rivelare la presenza di bio-firme. Il vapore acqueo, l' ossigeno e il metano, nell'atmosfera di un'esopianeta, offrirebbero prove della presenza di vita, ambiente e processi biologici simili a fotosintesi e respirazione sulla Terra, osserva Geoff Marcy della University of California, Berkeley. 

"La galassia può essere schifosamente infetta di vita microbica, ma al momento non abbiamo prove", aggiunge. "E 'una tragedia della scienza moderna che il Terrestrial Planet Finder non possa essere sostenuto, sia negli Stati Uniti o in Europa, a causa di questioni di bilancio."


Fonti:
  • http://scienze.fanpage.it/pianeti-extrasolari-i-telescopi-del-futuro-vi-cercheranno-la-vita/
  • http://www.piacenza24.eu/Scienza%20e%20Tecnologie/42746-NASA%3A+Specchi+ed+oro,+si+tratta+di+vanit%E0.html
  • http://www.dpfphotocenter.com/fotografia_digitale/modules.php?name=News&file=print&sid=561
  • http://www.scientificamerican.com/article.cfm?id=new-biomarkers-honed-help-search-for-life-earthlike-exoplanets&page=2 
Ringrazio Ezio Marano per avermi aiutato nelle traduzioni di alcuni periodi dell'articolo di Scientific American.

Questo articolo farà parte all'edizione unificata del 'Carnevale della Fisica e della Chimica: cercando tracce di vita nell'universo.'

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